Inaugura con Pieter Paul Rubens il progetto “Capolavori dalle Collezioni italiane”, nato con l’obiettivo di portare opere selezionate dai maggiori musei della penisola nella splendida casa-museo di Palacio de Lebrija a Siviglia.
Promossa da Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale e realizzata da Poema, Comediarting e Arthemisia, la mostra Rubens: Ercole e Deianira rappresenta il primo atto di un dialogo destinato a svilupparsi nel tempo: quello tra i ricchi decori di ispirazione mitologica che popolano il palazzo andaluso e la tradizione artistica italiana, da sempre fortemente influenzata da un immaginario di derivazione classica.
Arrivano dalle raccolte della Galleria Sabauda di Torino le grandi tele di Ercole nel Giardino delle Esperidi e Deianira tentata dalla Furia, per incontrare le decorazioni musive, gli arabeschi del patio e i busti marmorei in stile greco-romano che all’inizio del Novecento Doña Regla Manjòn y Mergelina, contessa di Lebrija, scelse per ornare la propria residenza nel cuore di Siviglia.
Prima donna a entrare nell’Accademia di Belle Arti sivigliana di Santa Elisabetta e nella Real Academia de San Fernando di Madrid, la contessa fu una grande appassionata di archeologia, sempre impegnata in viaggi, scavi e restauri. Mosaici romani, sculture e colonne antiche sono in bella mostra nella sua dimora, accanto a gioielli di pittura eseguiti da Antoon Van Dyck, Pieter Bruegel il Vecchio, Joaquìn Sorolla e dalla scuola di Bartolomé Esteban Murillo.
Non è casuale quindi la scelta di Rubens, che Eugéne Delacroix definì “l’Omero della pittura”, di cui Doña Regla avrebbe apprezzato le reminiscenze classiche e l’estetica barocca. Ma i capolavori dei Musei Reali di Torino hanno in serbo ulteriori motivi per entrare in rapporto diretto con i gioielli di casa Lebrija.
Se il leggendario Giardino delle Esperidi, protagonista del primo quadro con l’undicesima fatica di Ercole, era collocato dagli antichi proprio a Sud della Penisola Iberica, la rappresentazione di Deianira tentata dalla Furia ha molto da spartire con il Busto giovanile di Afrodite (replica del V secolo dell’originale scolpito da Fidia) conservato a palazzo, pur ricordando nei lineamenti del volto la seconda moglie di Rubens, Hélène Fourment. Altri termini di confronto per le tele di Rubens saranno il mosaico principale del museo, dedicato alle avventure amorose di Zeus (padre di Ercole), e un prezioso marmo raffigurante la dea Minerva vestita del tradizionale elmo e del gorgoneion con la testa di Medusa.
Dal canto loro, i dipinti di Rubens spiccano “anche per il loro contenuto filosofico, morale e allegorico”, spiega Don Emmanuele F.M. Emanuele di Villabianca, presidente della Fondazione Terzo PilastroInternazionale: “Datati 1638, appartengono all’ultimo periodo di vita di un pittore assai prolifico, che soggiornò e lavorò a lungo sia in Spagna (soprattutto a Madrid) sia in Italia, in particolare a Firenze, Genova e Roma. Egli si qualifica come l’indiscusso capofila del Seicento fiammingo, caratterizzato, appunto, da una spinta italianeggiante e classicheggiante, e non a caso fu tra i primi artisti a contribuire in Italia allo sviluppo dell’arte barocca, così distante dalla pittura tipica olandese, i cui soggetti privilegiati erano invece le scene di vita della nuova borghesia dei centri urbani”.
Curata dal direttore della Galleria Sabauda di Torino Anna Maria Bava con la collaborazione di Cristina Carrillo de Albornoz de Fisac, la mostra Rubens: Ercole e Deianira. Capolavori dalle Collezioni italiane sarà visitabile al Museo Palacio de la Condesa de Lebrija dal 4 aprile al 22 settembre.